lunedì 5 novembre 2007
venerdì 2 novembre 2007
ONTOLOGIE REGIONALI - A cura di Andrea Bottani e Richard Davies
Introduzione - Andrea Bottani e Richard Davies
Chi avesse gettato una veloce occhiata alle pagine del volume che sta tenendo in mano avrà forse pensato che esso sia, sotto un non irrilevante aspetto, un libro strano. I saggi che riempiono le sue pagine possono tutti riferirsi – a vario titolo e più o meno strettamente – a quel filone di studi che è divenuto ormai abituale chiamare “ontologia analitica”. Ma il titolo che il libro orgogliosamente porta non ha circolazione né diritto di cittadinanza ordinaria in quello stesso filone di studi. Com’è noto, l’espressione “ontologie regionali” è di conio husserliano, passando da Husserl nel pensiero di filosofi come Heidegger, Ingarden e altri. Così – potrebbe venir fatto di pensare – questo è un libro “analitico” con un titolo “continentale”.
Ma la scelta di questo “strano” titolo non è uno sfortunato incidente né un lapsus calami di curatori distratti. E’ invece espressione dell’idea che la concezione husserliana dell’ontologia, imperniata com’è sulla distinzione fra una “ontologia formale” e una “ontologia materiale” a sua volta articolata in una serie di “ontologie regionali”, sia particolarmente adatta a descrivere e comprendere ciò che l’ontologia è e ciò che essa è diventata negli ultimi decenni – particolarmente in ambito analitico, con i notevoli recenti sviluppi delle ontologie applicate in una quantità di campi di sapere e di attività anche molto eterogenei fra loro. Questo è, ovviamente, ben lontano dall’essere casuale, trattandosi di un autore da cui traggono origine alcune delle idee e dei metodi che hanno reso possibile lo sviluppo del filone analitico dalla fine del XIX secolo in qua, a partire dalla particolare rilevanza riconosciuta allo strumento della analisi logica in filosofia. Non fa quindi meraviglia che l’espressione husserliana “ontologia formale” abbia guadagnato e mantenuto tanta diffusione in ambito analitico, sia pure in usi non di rado infedeli all’accezione originaria. Per motivi imperscrutabili, l’efficace locuzione “ontologie regionali” non ha conosciuto lo stesso felice destino. Con la scelta di questo titolo, si spera di contribuire almeno in parte a rimediare all’ingiustizia.
Husserl distingue fra “ontologia formale” e “ontologia materiale” nelle Ideen. L’idea generale è che l’ontologia formale si identifichi con lo studio di categorie come quelle di esistenza, proprietà, relazione, genere, specie, identità, unità, pluralità, numero, parte, intero, dipendenza e così via. Husserl chiama queste categorie “formali” in quanto esse qualificano la “forma” di una entità, considerata come distinta dalla sua realizzazione materiale. Nel loro insieme, le categorie formali definiscono caratteristiche generali, necessarie e costitutive della realtà come tale. Questo spiega per quale motivo l’ontologia formale venga talvolta qualificata come lo studio dei “tratti più generali” della realtà, o – si potrebbe anche dire con qualche maggiore audacia – come una sorta di aristotelica “scienza dell’essere in quanto essere”. L’ontologia materiale si indirizza invece allo studio della realtà dal punto di vista della sua costituzione materiale specifica, dispiegandosi in un ampio ventaglio di “ontologie regionali” tese ad indagare la struttura ontologica di domini circoscritti di enti (in primis quelli delle singole scienze, ma poi anche ambiti particolari di entità come quelli trattati nei vari capitoli di questo libro).
Diverse interpretazioni hanno piegato la distinzione fra ontologia formale e ontologia materiale in varie direzioni, non sempre convergenti. A noi pare importante notare che quella “geografia regionale” che l’ontologia materiale esplora ha la propria controparte linguistica in un apparato lessicale, mentre il sistema di categorie indagato dall’ontologia formale ha la propria controparte linguistica in un apparato di categorie grammaticali e di operazioni logiche definite su di esse. Ad esempio, trattare la questione della esistenza di artefatti come una faccenda di competenza della ontologia materiale anziché della ontologia formale (cioè come un fatto pertinente alla struttura materiale della realtà invece che alla sua struttura formale) equivale a trattare “artefatti” come una semplice voce del lessico (invece che alla stregua di una costante logica). E trattare la questione della esistenza di universali come una faccenda di competenza della ontologia formale anziché della ontologia materiale (cioè come un fatto pertinente alla struttura formale della realtà anziché alla sua struttura materiale) equivale a trattare la copula – presunta espressione del nesso di esemplificazione di proprietà universali da parte di individui – come una costante logica, e non come una semplice voce del lessico materiale. Poiché la demarcazione fra questioni di competenza della ontologia materiale e questioni di competenza della ontologia formale – comunque la si voglia tracciare – è sostanzialmente isomorfa alla demarcazione fra apparato lessicale e apparato logico-grammaticale, la distinzione fra ontologia formale e ontologia materiale può essere interpretata come essenzialmente parallela alla distinzione fra lessico e grammatica.
La linea di demarcazione fra ontologia e metafisica tracciata in Bianchi e Bottani 2003 ricalca questo approccio piuttosto da vicino. Vi sono assunzioni esistenziali che gli enunciati convogliano in virtù del proprio lessico ed assunzioni esistenziali che essi convogliano in virtù della propria forma logica e questi tipi di assunzioni corrispondono a diversi livelli di impegno ontologico. L’ontologia valuta impegni ontologici di livello “inferiore” (relativi al lessico) mentre la metafisica valuta impegni ontologici di livello “superiore” (relativi all’apparato delle categorie grammaticali e delle operazioni logiche definite su di esse). Distinguere in un certo modo le questioni esistenziali di competenza della metafisica da quelle di competenza della ontologia equivale a demarcare in un certo modo l’apparato lessicale dall’apparato logico. Qui “metafisica” corrisponde a “ontologia formale” e “ontologia” a “ontologia materiale”. Ma, per quanto importante possa essere, la scelta dei termini non è ciò che più conta in questo approccio. Ciò che più conta è che esiste una disciplina (che possiamo chiamare “ontologia”, o anche in qualsiasi altro modo) che si occupa di ciò che esiste e le sue partizioni (che possiamo chiamare “ontologia materiale” e “ontologia formale”, ma anche in qualsiasi altro modo) non si distinguono essenzialmente per il loro grado di formalizzazione, né per il fatto di dire la prima solo che cosa esiste e la seconda solo che cos’è ciò che esiste (o viceversa), ma per il fatto di valutare impegni ontologici di tipi e livelli diversi, corrispondenti alla distinzione fra struttura materiale e struttura formale del mondo e alla parallela distinzione fra apparato del lessico e apparato logico.
Sullo sfondo di un approccio metaontologico di questa natura, il volume propone una escursione sperabilmente istruttiva ma inevitabilmente un po’ episodica in qualcuna delle stanze più interessanti di una incompleta e asistematica “geografia di regioni ontologiche”. Quasi sempre, le stanze visitate sono molto lontane l’una dall’altra, e anche i programmi di visita hanno fisionomie non poco diverse da caso a caso. Si va da esplorazioni piuttosto sistematiche e panoramiche di un singolo spazio regionale ad analisi dettagliate e fittamente argomentate di qualche interessante sezione, angolo o scorcio. Alcune delle regioni esplorate sembrano inoltre collocarsi al confine fra “l’ontologia materiale” e l’ontologia “formale” (è il caso di “Mutamenti” e “Confini”). Per tutte queste ragioni, come abbiamo detto, il volume è asistematico, un tratto che potrebbe risultare imprevisto nel caso di una disciplina classificatoria come l’ontologia materiale. Così, le regioni ontologiche indagate dai vari contributi non presentano tutte lo stesso livello di generalità e può perfino darsi vi sia, di tanto in tanto, qualche sovrapposizione fra l’una e l’altra. Ciò che il volume presenta è, per così dire, una serie di mappe regionali estrapolate dalla carta globale del continente in cui le regioni descritte sono situate – una scelta in buona parte forzata dal carattere collettivo del volume. Ma le regioni ontologiche esplorate dai diversi contributi sono accomunate dalla loro importanza per la filosofia e per il senso comune e dalla loro centralità nel nostro modo di concepire noi stessi e il mondo che ci circonda.
Persone, tipi, artefatti, eventi mentali, opere d’arte, confini, enti meramente possibili, creature di fantasia, fusioni, mutamenti… Che tipi di cose sono queste? In che cosa si distinguono le une dalle altre? Che rapporto hanno con il tempo, lo spazio, la dimensione della modalità, le disparate pratiche e convenzioni umane? Di queste familiari e tuttavia misteriose entità, gli autori di questo volume indagano la struttura ontologica, la natura profonda e le regole di individuazione, muovendo da assunzioni filosofiche e impostazioni metodologiche autonome e talora, crediamo, istruttivamente divergenti.
Rimandi
Bianchi, C. e Bottani, A. C. (a cura di), 2003, Significato e ontologia, Milano, Franco Angeli Libri.
Heidegger, M., 1927, Sein und Zeit, trad. it., Essere e tempo, di P. Chiodi, Milano Longanesi, 1970.
Husserl, E., 1922, Logische Untersuchungen, trad. it. Ricerche logiche, I, di S. Piana, Milano, Il Saggiatore, 1968.
Husserl, E., 1913, Ideen zu einer reinen Phänomenologie und phänomenologische Philosophie. Erstes Buch: Allgemeine Einführung in die reine Phänomenologie, Husserliana III/1, Nijhoff, Den Haag 1976; trad.it. Idee per una fenomenologia pura e per una filosofia fenomenologica,di E. Filippini, Torino Einaudi, 2002
Ingarden, R., 1960, Time and Modes of Being (tr. inglese di H Michejda), Springfield, Ill., Charles C. Thomas.
Varzi, A., 2005, Ontologia, Bari, Laterza.
Indice
1. Persone
Quanto conta la causalità della mente per l’identità personale
Andrea Bottani
(Università di Bergamo)
2. Fusioni
Sulla presunta innocenza della mereologia
Massimiliano Carrara e Enrico Martino
(Università di Padova)
3. Sorte
Quando una cosa è una
Richard Davies
(Università di Bergamo)
4. Mutamenti
Mappe leibniziane
Stefano Di Bella
(Scuola Normale Superiore, Pisa)
5. Mente
Varietà dell’emergentismo
Michele Di Francesco
(Università Vita-Salute San Raffaele)
6. Documenti
Ontologia dell’opera d’arte e del documento Maurizio Ferraris
(Università di Torino)
7. Possibilia
Contro la concezione attributiva dei possibilia
Vittorio Morato
(Università di Padova)
8. Artefatti
Analisi di un argomento antirealista
Marzia Soavi
(Università di Padova)
9. Confini
Dove finisce una cosa e inizia un’altra
Achille C. Varzi
(Columbia University, New York)
10. Ficta
Conseguenze del creazionismo
Alberto Voltolini
(Università di Modena-Reggio Emilia)
presentazione del volume Ontologie regionali
a cura di Andrea Bottani e Richard Davies
(Università di Bergamo)
Il compito tradizionalmente assegnato all’ontologia è stato quello di delineare i princìpi universali dell’‘essere in quanto essere’, ossia la struttura profonda di ciò che è la sostanza. A differenza dell’‘ontologia generale’, gli studi che, prendendo spunto da Husserl, si chiamano ‘ontologie regionali’ si prefiggono di indagare i contorni di categorie più circoscritte o specifiche per mettere in luce le loro peculiarità. Muovendo da varie impostazioni metodologiche gli autori di questo volume sottopongono a disamina una serie di concetti che si prestano ad analisi ontologica, quali persone, eventi mentali, cambiamenti, sorte, insiemi, artefatti, documenti, copie, finzioni e oggetti meramente possibili.
FILOSOFIE ANALITICHE / METAFISICA - Collana diretta da Massimiliano Carrara
Chi avesse gettato una veloce occhiata alle pagine del volume che sta tenendo in mano avrà forse pensato che esso sia, sotto un non irrilevante aspetto, un libro strano. I saggi che riempiono le sue pagine possono tutti riferirsi – a vario titolo e più o meno strettamente – a quel filone di studi che è divenuto ormai abituale chiamare “ontologia analitica”. Ma il titolo che il libro orgogliosamente porta non ha circolazione né diritto di cittadinanza ordinaria in quello stesso filone di studi. Com’è noto, l’espressione “ontologie regionali” è di conio husserliano, passando da Husserl nel pensiero di filosofi come Heidegger, Ingarden e altri. Così – potrebbe venir fatto di pensare – questo è un libro “analitico” con un titolo “continentale”.
Ma la scelta di questo “strano” titolo non è uno sfortunato incidente né un lapsus calami di curatori distratti. E’ invece espressione dell’idea che la concezione husserliana dell’ontologia, imperniata com’è sulla distinzione fra una “ontologia formale” e una “ontologia materiale” a sua volta articolata in una serie di “ontologie regionali”, sia particolarmente adatta a descrivere e comprendere ciò che l’ontologia è e ciò che essa è diventata negli ultimi decenni – particolarmente in ambito analitico, con i notevoli recenti sviluppi delle ontologie applicate in una quantità di campi di sapere e di attività anche molto eterogenei fra loro. Questo è, ovviamente, ben lontano dall’essere casuale, trattandosi di un autore da cui traggono origine alcune delle idee e dei metodi che hanno reso possibile lo sviluppo del filone analitico dalla fine del XIX secolo in qua, a partire dalla particolare rilevanza riconosciuta allo strumento della analisi logica in filosofia. Non fa quindi meraviglia che l’espressione husserliana “ontologia formale” abbia guadagnato e mantenuto tanta diffusione in ambito analitico, sia pure in usi non di rado infedeli all’accezione originaria. Per motivi imperscrutabili, l’efficace locuzione “ontologie regionali” non ha conosciuto lo stesso felice destino. Con la scelta di questo titolo, si spera di contribuire almeno in parte a rimediare all’ingiustizia.
Husserl distingue fra “ontologia formale” e “ontologia materiale” nelle Ideen. L’idea generale è che l’ontologia formale si identifichi con lo studio di categorie come quelle di esistenza, proprietà, relazione, genere, specie, identità, unità, pluralità, numero, parte, intero, dipendenza e così via. Husserl chiama queste categorie “formali” in quanto esse qualificano la “forma” di una entità, considerata come distinta dalla sua realizzazione materiale. Nel loro insieme, le categorie formali definiscono caratteristiche generali, necessarie e costitutive della realtà come tale. Questo spiega per quale motivo l’ontologia formale venga talvolta qualificata come lo studio dei “tratti più generali” della realtà, o – si potrebbe anche dire con qualche maggiore audacia – come una sorta di aristotelica “scienza dell’essere in quanto essere”. L’ontologia materiale si indirizza invece allo studio della realtà dal punto di vista della sua costituzione materiale specifica, dispiegandosi in un ampio ventaglio di “ontologie regionali” tese ad indagare la struttura ontologica di domini circoscritti di enti (in primis quelli delle singole scienze, ma poi anche ambiti particolari di entità come quelli trattati nei vari capitoli di questo libro).
Diverse interpretazioni hanno piegato la distinzione fra ontologia formale e ontologia materiale in varie direzioni, non sempre convergenti. A noi pare importante notare che quella “geografia regionale” che l’ontologia materiale esplora ha la propria controparte linguistica in un apparato lessicale, mentre il sistema di categorie indagato dall’ontologia formale ha la propria controparte linguistica in un apparato di categorie grammaticali e di operazioni logiche definite su di esse. Ad esempio, trattare la questione della esistenza di artefatti come una faccenda di competenza della ontologia materiale anziché della ontologia formale (cioè come un fatto pertinente alla struttura materiale della realtà invece che alla sua struttura formale) equivale a trattare “artefatti” come una semplice voce del lessico (invece che alla stregua di una costante logica). E trattare la questione della esistenza di universali come una faccenda di competenza della ontologia formale anziché della ontologia materiale (cioè come un fatto pertinente alla struttura formale della realtà anziché alla sua struttura materiale) equivale a trattare la copula – presunta espressione del nesso di esemplificazione di proprietà universali da parte di individui – come una costante logica, e non come una semplice voce del lessico materiale. Poiché la demarcazione fra questioni di competenza della ontologia materiale e questioni di competenza della ontologia formale – comunque la si voglia tracciare – è sostanzialmente isomorfa alla demarcazione fra apparato lessicale e apparato logico-grammaticale, la distinzione fra ontologia formale e ontologia materiale può essere interpretata come essenzialmente parallela alla distinzione fra lessico e grammatica.
La linea di demarcazione fra ontologia e metafisica tracciata in Bianchi e Bottani 2003 ricalca questo approccio piuttosto da vicino. Vi sono assunzioni esistenziali che gli enunciati convogliano in virtù del proprio lessico ed assunzioni esistenziali che essi convogliano in virtù della propria forma logica e questi tipi di assunzioni corrispondono a diversi livelli di impegno ontologico. L’ontologia valuta impegni ontologici di livello “inferiore” (relativi al lessico) mentre la metafisica valuta impegni ontologici di livello “superiore” (relativi all’apparato delle categorie grammaticali e delle operazioni logiche definite su di esse). Distinguere in un certo modo le questioni esistenziali di competenza della metafisica da quelle di competenza della ontologia equivale a demarcare in un certo modo l’apparato lessicale dall’apparato logico. Qui “metafisica” corrisponde a “ontologia formale” e “ontologia” a “ontologia materiale”. Ma, per quanto importante possa essere, la scelta dei termini non è ciò che più conta in questo approccio. Ciò che più conta è che esiste una disciplina (che possiamo chiamare “ontologia”, o anche in qualsiasi altro modo) che si occupa di ciò che esiste e le sue partizioni (che possiamo chiamare “ontologia materiale” e “ontologia formale”, ma anche in qualsiasi altro modo) non si distinguono essenzialmente per il loro grado di formalizzazione, né per il fatto di dire la prima solo che cosa esiste e la seconda solo che cos’è ciò che esiste (o viceversa), ma per il fatto di valutare impegni ontologici di tipi e livelli diversi, corrispondenti alla distinzione fra struttura materiale e struttura formale del mondo e alla parallela distinzione fra apparato del lessico e apparato logico.
Sullo sfondo di un approccio metaontologico di questa natura, il volume propone una escursione sperabilmente istruttiva ma inevitabilmente un po’ episodica in qualcuna delle stanze più interessanti di una incompleta e asistematica “geografia di regioni ontologiche”. Quasi sempre, le stanze visitate sono molto lontane l’una dall’altra, e anche i programmi di visita hanno fisionomie non poco diverse da caso a caso. Si va da esplorazioni piuttosto sistematiche e panoramiche di un singolo spazio regionale ad analisi dettagliate e fittamente argomentate di qualche interessante sezione, angolo o scorcio. Alcune delle regioni esplorate sembrano inoltre collocarsi al confine fra “l’ontologia materiale” e l’ontologia “formale” (è il caso di “Mutamenti” e “Confini”). Per tutte queste ragioni, come abbiamo detto, il volume è asistematico, un tratto che potrebbe risultare imprevisto nel caso di una disciplina classificatoria come l’ontologia materiale. Così, le regioni ontologiche indagate dai vari contributi non presentano tutte lo stesso livello di generalità e può perfino darsi vi sia, di tanto in tanto, qualche sovrapposizione fra l’una e l’altra. Ciò che il volume presenta è, per così dire, una serie di mappe regionali estrapolate dalla carta globale del continente in cui le regioni descritte sono situate – una scelta in buona parte forzata dal carattere collettivo del volume. Ma le regioni ontologiche esplorate dai diversi contributi sono accomunate dalla loro importanza per la filosofia e per il senso comune e dalla loro centralità nel nostro modo di concepire noi stessi e il mondo che ci circonda.
Persone, tipi, artefatti, eventi mentali, opere d’arte, confini, enti meramente possibili, creature di fantasia, fusioni, mutamenti… Che tipi di cose sono queste? In che cosa si distinguono le une dalle altre? Che rapporto hanno con il tempo, lo spazio, la dimensione della modalità, le disparate pratiche e convenzioni umane? Di queste familiari e tuttavia misteriose entità, gli autori di questo volume indagano la struttura ontologica, la natura profonda e le regole di individuazione, muovendo da assunzioni filosofiche e impostazioni metodologiche autonome e talora, crediamo, istruttivamente divergenti.
Rimandi
Bianchi, C. e Bottani, A. C. (a cura di), 2003, Significato e ontologia, Milano, Franco Angeli Libri.
Heidegger, M., 1927, Sein und Zeit, trad. it., Essere e tempo, di P. Chiodi, Milano Longanesi, 1970.
Husserl, E., 1922, Logische Untersuchungen, trad. it. Ricerche logiche, I, di S. Piana, Milano, Il Saggiatore, 1968.
Husserl, E., 1913, Ideen zu einer reinen Phänomenologie und phänomenologische Philosophie. Erstes Buch: Allgemeine Einführung in die reine Phänomenologie, Husserliana III/1, Nijhoff, Den Haag 1976; trad.it. Idee per una fenomenologia pura e per una filosofia fenomenologica,di E. Filippini, Torino Einaudi, 2002
Ingarden, R., 1960, Time and Modes of Being (tr. inglese di H Michejda), Springfield, Ill., Charles C. Thomas.
Varzi, A., 2005, Ontologia, Bari, Laterza.
Indice
1. Persone
Quanto conta la causalità della mente per l’identità personale
Andrea Bottani
(Università di Bergamo)
2. Fusioni
Sulla presunta innocenza della mereologia
Massimiliano Carrara e Enrico Martino
(Università di Padova)
3. Sorte
Quando una cosa è una
Richard Davies
(Università di Bergamo)
4. Mutamenti
Mappe leibniziane
Stefano Di Bella
(Scuola Normale Superiore, Pisa)
5. Mente
Varietà dell’emergentismo
Michele Di Francesco
(Università Vita-Salute San Raffaele)
6. Documenti
Ontologia dell’opera d’arte e del documento Maurizio Ferraris
(Università di Torino)
7. Possibilia
Contro la concezione attributiva dei possibilia
Vittorio Morato
(Università di Padova)
8. Artefatti
Analisi di un argomento antirealista
Marzia Soavi
(Università di Padova)
9. Confini
Dove finisce una cosa e inizia un’altra
Achille C. Varzi
(Columbia University, New York)
10. Ficta
Conseguenze del creazionismo
Alberto Voltolini
(Università di Modena-Reggio Emilia)
presentazione del volume Ontologie regionali
a cura di Andrea Bottani e Richard Davies
(Università di Bergamo)
Il compito tradizionalmente assegnato all’ontologia è stato quello di delineare i princìpi universali dell’‘essere in quanto essere’, ossia la struttura profonda di ciò che è la sostanza. A differenza dell’‘ontologia generale’, gli studi che, prendendo spunto da Husserl, si chiamano ‘ontologie regionali’ si prefiggono di indagare i contorni di categorie più circoscritte o specifiche per mettere in luce le loro peculiarità. Muovendo da varie impostazioni metodologiche gli autori di questo volume sottopongono a disamina una serie di concetti che si prestano ad analisi ontologica, quali persone, eventi mentali, cambiamenti, sorte, insiemi, artefatti, documenti, copie, finzioni e oggetti meramente possibili.
FILOSOFIE ANALITICHE / METAFISICA - Collana diretta da Massimiliano Carrara
Peter Frederick Strawson (Londra, 1919)
Peter Frederick Strawson nasce a Londra nel 1919. Studia a Oxford, al St. John College, e svolgerà la sua carriera accademica nell'Università di Oxford, dove nel 1968 succede a Ryle come Waynflete Professor of Metaphysical Philosophy e fellow del Magdalene College. Dal 1960 è membro della British Academy. Tra i suoi primi scritti va menzionato il saggio Sul riferimento (1950), in cui critica la teoria delle descrizioni di Russell. In Introduzione alla teoria logica (1952) tenta di esplicitare la logica del linguaggio ordinario, differenziandola dai linguaggi formali propri della matematica. Nel 1959 pubblica Individui. Saggio di metafisica descrittiva, in cui propone la celebre distinzione tra metafisica descrittiva e metafisica correttiva, introducendo inoltre le tematiche del trascendentalismo kantiano nella filosofia analitica e prendendo posizione contro la critica wittgensteiniana all'idea di linguaggio privato. L'interesse per la nozione di «trascendentale» lo porta a confrontarsi direttamente con Kant (I limiti del senso. Saggio sulla Critica della ragion pura, 1966). Si è inoltre occupato dei problemi connessi con il concetto di azione e con l'alternativa libertà/determinismo (Libertà e risentimento, 1974). Tra le ultime pubblicazioni, rilevante è Analisi e metafisica (1984).
Kendal Walton, Mimesis as Make-Believe
Representations--in visual arts and in fiction--play an important part in our lives and culture. Kendall Walton presents here a theory of the nature of representation, which illuminates its many varieties and goes a long way toward explaining its importance.
Drawing analogies to children's make believe activities, Walton constructs a theory that addresses a broad range of issues: the distinction between fiction and nonfiction, how depiction differs from description, the notion of points of view in the arts, and what it means for one work to be more "realistic" than another. He explores the relation between appreciation and criticism, the character of emotional reactions to literary and visual representations, and what it means to be caught up emotionally in imaginary events.
Walton's theory also provides solutions to the thorny philosophical problems of the existence--or ontological standing--of fictitious beings, and the meaning of statements referring to them. And it leads to striking insights concerning imagination, dreams, nonliteral uses of language, and the status of legends and myths.
Throughout Walton applies his theoretical perspective to particular cases; his analysis is illustrated by a rich array of examples drawn from literature, painting, sculpture, theater, and film. Mimesis as Make-Believe is important reading for everyone interested in the workings of representational art.
Kendall Walton is a philosopher at the University of Michigan.
Much of Professor Walton's work consists in exploring connections between theoretical questions about the arts and issues of philosophy of mind, metaphysics, and philosophy of language. His book Mimesis as Make Believe: On the Foundations of the Representational Arts, develops a theory of make-believe and uses it to understand the nature and varieties of representation in the arts. He has written extensively on pictorial representation, fiction and the emotions, the ontological status of fictional entities, the aesthetics of music, metaphor, and aesthetic value. He has held fellowships from the NEH, the ACLS, the Rockefeller Foundation, and the Stanford Humanities Center. He is a Fellow of the American Academy of Arts and Sciences, and President of the American Society for Aesthetics.
Drawing analogies to children's make believe activities, Walton constructs a theory that addresses a broad range of issues: the distinction between fiction and nonfiction, how depiction differs from description, the notion of points of view in the arts, and what it means for one work to be more "realistic" than another. He explores the relation between appreciation and criticism, the character of emotional reactions to literary and visual representations, and what it means to be caught up emotionally in imaginary events.
Walton's theory also provides solutions to the thorny philosophical problems of the existence--or ontological standing--of fictitious beings, and the meaning of statements referring to them. And it leads to striking insights concerning imagination, dreams, nonliteral uses of language, and the status of legends and myths.
Throughout Walton applies his theoretical perspective to particular cases; his analysis is illustrated by a rich array of examples drawn from literature, painting, sculpture, theater, and film. Mimesis as Make-Believe is important reading for everyone interested in the workings of representational art.
Kendall Walton is a philosopher at the University of Michigan.
Much of Professor Walton's work consists in exploring connections between theoretical questions about the arts and issues of philosophy of mind, metaphysics, and philosophy of language. His book Mimesis as Make Believe: On the Foundations of the Representational Arts, develops a theory of make-believe and uses it to understand the nature and varieties of representation in the arts. He has written extensively on pictorial representation, fiction and the emotions, the ontological status of fictional entities, the aesthetics of music, metaphor, and aesthetic value. He has held fellowships from the NEH, the ACLS, the Rockefeller Foundation, and the Stanford Humanities Center. He is a Fellow of the American Academy of Arts and Sciences, and President of the American Society for Aesthetics.
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